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Qual è il vero movente che spinge Dante Alighieri a ideare e comporre un'opera tanto straordinaria e impegnativa come la sua Divina Commedia? L'esigenza di redimersi e di portare con sé l'umanità che sembra essersi ormai allontanata quasi irrimediabilmente dalla retta via? Un moto di puro altruismo, di umana pietà o, ancor di più, un'azione spiritualmente risolutrice dalle connotazioni messianiche e divine? Oppure l'ambizione? Il desiderio sfrenato di affermare la propria superiorità intellettuale, oltre che morale, sugli altri? E perché non pensare all'odio? Alla lucida e spietata volontà di rifarsi platealmente dei torti subiti, arrogandosi il potere sovrumano di decretare i destini ultraterreni di un gran numero di propri simili? In buonafede o in malafede che fosse, il risultato è indiscutibile. Restano, però, sempre in ombra il motivo, la genesi tutta intima e umana del progetto poetico più ambizioso e superbo mai concepito.